Il giudizio e la colpa

Il giudizio e la colpa

Dalla mia presentazione del 25 febbraio.

“Nel nostro percorso di consapevolezza di elementi che dobbiamo lasciare andare quali sono fondamentalmente?

Secondo me i principali sono: paura, dolore e giudizio; quest’ultimo è collegato al senso di ingiustizia e ai sensi di colpa. La rabbia, a sua volta, è una conseguenza del giudizio o del senso di ingiustizia. Se noi non avessimo il giudizio non ci arrabbieremmo.

Perché se io credo che il mondo sia ingiusto lo giudico sbagliato, giudico tutto e tutti ma io non c’entro niente.

Ma, se io dipendo dal giudizio di una persona e le consento di ferirmi, sto dando potere a questa persona perché la ferita è mia, non sua. Se uno mi giudica male perché è un arrogante o anche un cretino e io sto male allora sono uno stupido. Perché devo stare male se uno mi giudica?

Che senso ha? Vuole dire che io non ho nessuna considerazione di me stesso, non credo nel mio valore, ho sicuramente dentro di me la ferita dell’ingiustizia e ci rimango attaccato; magari sono anche capace di rispondergli male.

Ma che senso ha?

Ecco perché dico che la colpa non esiste!

Quindi, se io vengo giudicato e sto male, l’altro non c’entra niente. Per cui, se non vogliamo essere feriti, impariamo a decolpevolizzare l’altro altrimenti rimaniamo attaccati alla ferita mentre l’unico modo per liberarci è essere consapevoli che non è colpa dell’altro.

Ma lo diceva anche Gesù: amare chi ci vuole bene è facile, provate ad amare invece chi mi vuole male.

Se voi riuscite ad amare incondizionatamente il mondo così con me niente potrà più farmi del male.”


Voglio aggiungere questa nota:

qualcuno potrebbe obiettare: riguardo alle discriminazioni che abbiamo subito durante la pandemia. In questo modo come dobbiamo reagire?

Così rispondo: se ci mettiamo a giudicare le discriminazioni, ammettendo che siano veramente discriminazioni e quindi forti ingiustizie, anche in questo caso noi stiamo male.

In realtà io penso che noi possiamo sempre esercitare il libero arbitrio nel senso che abbiamo sempre la possibilità di scegliere.

Se smetto di giudicare le persone che hanno provocato e creato queste discriminazioni riesco a rimanere concentrato su di me e comprendo che è ciò che sta succedendo è una sfida affinché io non perda la mia libertà di scelta e non mi faccia ferire da queste ingiustizie che, se ci pensate, escono fuori dal mio controllo e quindi è inutile che io ci rimanga attaccato.

Ciò non significa che io non debba esprimere il mio pensiero in merito. Ma questo pensiero deve essere obiettivo cioè privo di contenuti emotivi altrimenti siamo sempre lì: la mia diventa una reazione squilibrata a un’ingiustizia E questo non può che farmi stare male.


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