L’andare da un mondo che conosciamo a uno di muta meraviglia è come l’ansia di un bimbo la cui visuale è una collina, oltre la collina è magia e ogni cosa sconosciuta, ma il segreto compenserà la scalata solitaria

(Emily Dickinson)

L'elaborazione dei lutti

Elaborare i lutti.

I lutti non elaborati appesantiscono la nostra vita.

 

Spesso, parlando con diverse persone, cerco di esprimere qual è il ruolo del dolore nella nostra vita e come sia importante viverlo in un cero modo per liberarci di lui e delle ferite che ci portiamo dentro:

‘la ferita è il punto in cui la luce entra dentro di te’.

L’altro giorno una persona, con piglio deciso, mi ha risposto: ‘no ti sbagli, la vita va vissuta sempre nella gioia.’ “Te la auguro” gli rispondo “purtroppo però gli eventi dolorosi (i lutti) capitano e bisogna elaborarli in qualche modo se non vuoi che la loro ferita (che rimane dentro di te) ti perseguiti tutta la vita. E spiegami come fai a elaborare un lutto senza entrare nel dolore che rappresenta per te?”

Esistono diversi tipi di lutti, dalla perdita di una persona cara ad una separazione da un partner, da un amico o amica, da un genitore.

Ogni perdita luttuosa, ogni separazione, ogni conflitto che si ripete rappresenta un lutto.

Il profondo senso dei lutti è che il dolore della separazione consente di superare l’attaccamento all’altro, di andare oltre l’amore proiettato da e sull’altro per andare verso un amore più grande che comprende l’accettazione dell’altro e del suo destino (nel caso della perdita di una persona molto cara).

Per questo, come osservo nei miei lavori, le persone che vengono da me chiedono che io faccia luce sul loro lutto recente o mi chiedano come possono elaborarlo.

Parto da una premessa, da una legge ineluttabile (che può sembrare difficile da capire a un primo impatto):

Noi siamo responsabili di tutto ciò che ci accade.

Nel mio libro ‘I numeri dell’anima’ spiego esaurientemente questo concetto. Per cui non mi soffermo adesso.

 

In aggiunta vi riporto alcune affermazioni di Gibran dal suo libro ‘Il profeta’.

 

“E vi dirò inoltre, nonostante la mia parola vi pesi sul cuore:

L'assassinato è responsabile del proprio assassinio,
E il derubato non è senza colpa del furto subito.
Il giusto non è innocente delle azioni del malvagio.
E chi ha le mani pulite non è immune dalle imprese dell'empio. Sì, il colpevole è spesso vittima di chi ha offeso.

E ancora più spesso il condannato regge il fardello di chi è senza biasimo e colpa.
Voi non potete separare il giusto dall'ingiusto, il buono dal cattivo, poiché stanno uniti al cospetto del sole come insieme sono tessuti il filo bianco e il filo nero.

E se il filo nero si spezza, il tessitore rivedrà da cima a fondo tela e telaio.”

 

Ma vediamo come si fa ad elaborare il lutto.


Sono necessarie delle premesse.

Facciamo il caso più doloroso: la perdita di un figlio piccolo.

Spesso succede che chi subisce il lutto nutra pensieri del tipo:


  1. È stata un ‘ingiustizia;
  2. Non sopporto questo vuoto, questa enorme mancanza;
  3. Mi sento sempre colpevole di qualcosa che non ho fatto;
  4. Non riesco ad accettare un futuro privo di questa persona;

 

Se rimaniamo incagliati in queste dinamiche o, se addirittura non ne siamo consapevoli, non possiamo elaborare il lutto.

Dobbiamo cercare di andare oltre accettando il fa(t)to e il destino della persona mancata. Questo è l’atto d’amore che ci può liberare. L’accettazione è un passaggio obbligato perché comporta anche il fatto che tutto ciò che accade ha un senso e la vita mi sta mandando questa esperienza per evolvermi e fare così evolvere la mia anima, dato che questo è lo scopo di questa incarnazione.

 

Ma esaminiamo la cosa da un punto di vista più elevato, quello spirituale che contempla il cammino di vita in vita e che mi dice due cose:


  1. La morte non esiste;
  2. Ognuno di noi, compresa la persona che abbiamo perso, segue un destino che si è scelto prima di venire qui.

Da questo presupposto io posso alleggerire il mio dolore: se io so che la creatura, che ho perduto, è un’anima venuta a fare un’esperienza materiale e a compiere un destino da lei stessa scelta, anche se non ne è del tutto consapevole, è chiaro che non solo riesco ad accettarlo più facilmente ma posso sopportare meglio il dolore dato che gli ho dato un senso più profondo.

Ma la liberazione più grande avviene quando noi abbiamo il coraggio di ‘sentire’ il dolore di questa profonda ferita che la vita ci ha inferto. Di viverlo fino in fondo dentro di noi; questo è il modo per liberarlo e fare entrare la luce nel nostro cuore. Chiamatelo ‘karma’, chiamatelo come volete ma è un passaggio obbligato. Ignorare questo passaggio significa vivere nel lutto tutta la vita stando lontani dall’amore per la persona scomparsa.

 

Qui puoi vedere il filmato di presentazione del mio libro in cui illustro questi aspetti:


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