La nave e l'inferno
Giuseppe Montaldo06-05-2018
Tempo di lettura: 4 minuti
L’andare da un mondo che conosciamo a uno di muta meraviglia è come l’ansia di un bimbo la cui visuale è una collina, oltre la collina è magia e ogni cosa sconosciuta, ma il segreto compenserà la scalata solitaria

(Emily Dickinson)

La nave e l'inferno

    Solo a raccontarla questa storia mi vengono i brividi. “Ero ormai allo stremo delle forze e ad un certo momento persi i sensi.

    Quando mi svegliai mi ritrovai in un letto a baldacchino realizzato in legno massiccio in una camera buia e oscura. Tutto era in penombra. La scarsa illuminazione proveniva da una serie di piccole finestre circolari che stavano alla mia sinistra e i cui vetri smerigliati e colorati mi impedivano di vedere all’esterno.

    Gli oblò erano intervallati con quadri di dimensioni diverse che occupavano una intera parete, apparentemente l’unica che si affacciava all’esterno della nave. Questa era in fatti l’unica certezza che avevo riguardante al luogo in cui mi trovavo. Il rollio ed il movimento me lo indicavano.

    Anche la parete alla mia destra era costituita da una successione di quadri. Provavo un forte senso di oppressione e molta paura. Poi capii perché. La camera era priva di porte! Mi sentivo imprigionato ed il panico si impadronì di me. Quando mi ripresi un po’ osservai che di fronte a me si stagliava una cassaforte alta come la tutta parete.

    Lo sportello della cassaforte sbatteva seguendo il rollio della nave ed a causa di questo mi ero svegliato. I quadri ai miei lati avevano un’aria minacciosa e mi gelavano il sangue. La nave probabilmente era appartenuta ad una genia di pirati.

    Ad un certo momento mi alzai perché lo sbattere di quello sportello mi era diventato noioso ed irritante. Quando mi avvicinai alla cassaforte qualcosa all’interno di essa mi fece sobbalzare. Una sagoma nera mi guardava.

    Piatta come un’ombra aveva le sembianze di una donna.

    Non so se pensai che quell’ombra potesse rappresentare anche un’uscita da quella camera e da quell’orribile situazione. Certo è che l’idea mi attraeva perché poteva rappresentare l’unica mia via di salvezza.

    Mi mossi lentamente verso l’ombra facendo piccoli, misurati passi. Non avevo fatto ancora che uno o due passi quando essa mi prelevò con una forza enorme. Fui risucchiato in un vortice buio che mi scagliava verso il basso ad una velocità incredibile.

    Il mio stomaco era compresso da una pressione fortissima e provavo brividi di freddo talmente forti che mi sembrava di viaggiare avvolto in un cubo di ghiaccio. Ogni tanto la mia coscienza se ne andava ma poi ritornavo in me.

    Alla fine della discesa mi ritrovai in una caverna dall’atmosfera nebbiosa, rarefatta e bollente come se le pareti fossero fatte di puro fuoco. Cominciavo a sudare. Quando l’atmosfera si schiarì vidi davanti a me un uomo che dipingeva.

    Anche se non so come, percepii che la giornata volgeva al termine. Il quadro che l’uomo dipingeva era ovale e raffigurava una donna di rara bellezza che emanava una grande forza. Due spade incrociate sul petto incorniciavano il suo viso in un triangolo.

    Mi raccontò la sua storia.

    “Questa era la mia donna. Facevamo parte di una nave di pirati che solcavano i mari saccheggiando e distruggendo tutto ciò che trovavano sulla loro strada. Ci amavamo tantissimo e le avventure non ci saziavano mai.                Purtroppo ebbi un incidente e persi l’uso delle gambe. La mia donna non mi abbandonò.

    Decidemmo di prendere una nave e di trasferirci su un’isola deserta. La vita, anche se un po’ noiosa era piacevole. Ma qualcosa prendeva fuoco dentro di me. Nonostante il nostro rapporto fosse sempre pieno ed appagante questo fuoco interiore mi spingeva a possederla ancora di più di quanto già non la possedessi. Era come se volessi diventare l’unico e vero padrone della sua vita ma non sapevo come soddisfare questo intenso desiderio.

    Decisi di raffigurarla in un dipinto. Sentivo che potevo dominarla totalmente rinchiudendola dentro la tela. E così feci. La costrinsi a posare per ore per giorni per mesi. Man mano che riuscivo a trasferire la sua bellezza e la sua vita nel dipinto mi sentivo onnipotente. Ma nello stesso tempo, me ne accorsi alla fine, la vita si spegneva in lei. Quando arrivai all’ultima pennellata il mio delirio di onnipotenza aveva raggiunto livelli parossistici. Ella spirò e qualche minuto dopo spirai anch’io.

    L’ultimo mio viaggio mi ha portato qui. Il quadro adesso è finito. E domani mattina lo ricomincio daccapo. E così per tutta l’eternità. Però, giorno dopo giorno, qualcosa è cambiato in me. Ogni volta che dipingo il quadro il mio sentimento cambia. Il delirio di possesso piano piano si dissolve ed è sostituito da un grande struggimento.

    La voglia di sentirmi di nuovo unito a lei è una sensazione talmente forte che il mio cuore ogni giorno è sempre più pieno di felicità ed anche il rimpianto di averla persa piano piano scompare. Sento che nel momento in cui mi ritroverò di nuovo unito a lei, seppur solo nel mondo dello spirito, questa mia tortura svanirà e, chissà, forse potremo incontrarci di nuovo.” A quel punto mi svegliai. La camera era luminosa. Ai due lati del letto gli oblò erano grandi e luminosi ed il sole mi inondava di luce. Il mare mi cullava dolcemente e la sua vista riempiva i miei occhi. Il senso di oppressione era sparito.

    Davanti a me un porta massiccia si muoveva dolcemente con le onde del mare. Ad un certo momento si aprì e quello che vidi mi fece trasalire di nuovo. La donna che si mi si presentò davanti era talmente identica a quella che avevo sognato che mi chiesi se ero sveglio o se ero caduto in un altro sogno.


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