L’Io che l’uomo dice di essere non può essere l’Io, se non nel pensiero vivente: ancora da lui non conosciuto. Egli conosce solo il pensato, o pensiero riflesso, ma non sa come lo conosce. Deve prima pensare, per conoscere il proprio pensiero: non conosce il pensare. L’uomo conosce ed opera secondo il pensato, che, esaurito nella sua determinazione, non ha vita

(Massimo Scaligero)

Le relazioni

Malattie e ambiente familiare


O vai verso la vita o vai verso la morte

L’ambiente che ci circonda ci condiziona sempre, nel bene e nel male, in maniera importante.

Una delle situazioni che creano maggior disordine nonché danno al sistema familiare è quando i figli vogliono prendere il posto dei genitori o di un genitore.

Evidentemente quando ciò accade significa che nel sistema ci sono disarmonie che spingono le persone ad assumere ruoli e atteggiamenti sbagliati.

Una delle cause potrebbe essere che le persone non sono al loro posto ma ce ne possono essere anche altre.

Poniamo il caso che un genitore abbia perso le motivazioni che lo tenevano in vita.

Questa situazione, a puro titolo di esempio, può generare una malattia grave.

La malattia è un segnale importante che costringe la persona a mettere in discussione se stesso e la vita che sta attraversando in quel momento.

È evidente che, in situazioni di questo tipo, l’ambiente familiare può aiutare la persona a ritrovare il senso e quindi a ricondurlo in direzione della vita oppure può fare l’esatto contrario e convincerlo ancora di più che vivere non ha più senso.
 Portando la persona a farsi certe domande:

‘Mi sento escluso, non mi sento compreso, non c’è nessuno vicino a me.’

Queste sensazioni si sommano alla malattia e la portano ad aggravarsi. Non solo in ciò che sta intorno a me non trovo più gioia di vivere ma sembra che tutti quelli che mi stanno vicino – anzi molte volte quelli che mi stanno più vicino – mi spingono verso qualcosa che l’esatto contrario della vita.

Il brutto è che, tante volte, quelle persone che vorrebbero aiutare sono proprio quelle che non hanno capito niente di ciò che sta succedendo al congiunto e confondono l’amore, che è sembra una terapia che funziona ma che è totalmente assente in casi simili, con il controllo che vorrebbero avere su tutto ed ancor di più con la malattia:

  • cosa aspetti a farti operare?
  • Va in quell’ospedale che sono bravi
  • No va in quell’altro
  • Non ascoltare nessuno; ascolta solo me che so quello che dico
  • Etc..etc..etc

Ma nessuno che si metta nei panni di ciò che sta vivendo, con profondo dolore, il congiunto?

Nessuno che pensi:

lascio che sia lui a decidere perché solo lui può ritrovare il senso perduto;

tutto quello che io posso fare è fargli sentire la mia vicinanza ed i consigli, in generale, si danno solo quando sono richiesti.

Ma, chissà perché, questo non avviene quasi mai.

Come sempre la cosa più difficile è mettersi nei panni dell’altro, soprattutto se è un genitore e ci sono conflitti non risolti e memorie genealogiche che, purtroppo molto inconsapevolmente, ci condizionano.

Ecco perché la crescita ed il lavoro su di sé sono 

i più difficili ma non è possibile farne a meno.

Se non mettiamo in discussione, ogni giorno, tutte le nostre credenze e convinzioni più radicate non potremo essere di aiuto a noi stessi.

E se non siamo capaci di essere di aiuto a noi stessi come

 possiamo pretendere di essere d‘aiuto agli altri?

 

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