Le dinamiche del tradimento parte II
Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato.

(TENZIN GYATSO)

Il tradimento 2

Il tradimento 2

La paura del tradimento è del ‘puer’ non dell’adulto

La pretesa di fedeltà attiene più alla sfera del potere che alla sfera dell’amore

     Ho letto recentemente il saggio di Hillmann ‘Il tradimento’ tratto dal libro ‘Puer Aeternus’ (Puer aeternus).

     Questo saggio mi ha stimolato tante riflessioni. Poi ho letto alcuni atteggiamenti nei confronti del tradimento comparsi in dei post:

  1. Qualcuna vorrebbe che Dio accorciasse il pisello dell’uomo ogni volta che tradisce. A questo punto non sarebbe più semplice tagliarglielo del tutto così la smette una buona volta di tradire! Per quanto immagino che la persona che ha scritto questo stesse sfogandosi e non permetterebbe mai che Dio facesse una cosa simile. Mi ha colpito questo bisogno di rivolgersi agli altri (Dio in questo caso) per riparare a questa esperienza dolorosa vissuta come ingiustizia.


  1. Un’altra persona considera il tradimento (e qui mette in discussione se stesso assumendosi un bel carico) come una grave lesione alla nostra coscienza.
     Questi post mi hanno stimolato ad esprimere il mio pensiero.


     E prendo il saggio di Hillmann come punto di partenza.

Sono forse la faccia della stessa medaglia? Ci può essere tradimento se non ci si è affidati totalmente? Credo proprio di no. E quante volte la vita ci tradisce! Attraverso i nostri genitori, il nostro partner, l’amico/l’amica, il lavoro, l’analista….. Ma come reagiamo al tradimento? Ci sta forse insegnando qualcosa? Il rapporto traditore-tradito mi ricorda l’altro vittima-carnefice. Cosa impara la vittima dal carnefice? E viceversa? (Vittima e carnefice).


Secondo Hillmann invece il tradimento è un passaggio obbligato della nostra vita. Senza il tradimento non possiamo trasformare il nostro ‘puer’ (come ci piace restare sempre bambini! Avere chi si prende cura di noi) nell’individuo adulto.
 Insomma col tradimento la vita ci sta dicendo che il mondo non è fatto a nostra immagine e somiglianza e la vita stessa va per la sua strada senza preoccuparsi di noi.

Quindi forse è meglio che impariamo a relazionarci con l’ambiente capendolo e conoscendolo a fondo. E che impariamo ad accettarlo per quello che è anche quando non ci piace. Prendiamo atto che non possiamo né controllarlo né cambiarlo.

E infatti, secondo Hillmann, ci sono quattro modalità di reagire al tradimento. Queste quattro modalità, quando ne agiamo una, o magari anche due, ci dicono che siamo rimasti bloccati nel ‘puer’ e non abbiamo voluto elaborare l’esperienza.

Ovviamente il tradimento è prima di tutto dentro di noi ed il solo fatto che ne abbiamo paura significa che il ‘risentito’ non è stato ancora elaborato. In pratica continuiamo ad idealizzare un mondo che non esiste. E facciamo questo per proteggere noi stessi dalle nostre ferite.

Questo non significa che non dobbiamo pretendere lealtà e fiducia in tutte le nostre relazioni. E facciamo bene a pretenderle.

Ma il punto è: come le viviamo?

Solo il fatto di aver paura del tradimento significa che abbiamo un ‘risentito’ non elaborato e la vita prima o poi ce ne manda uno per aiutarci ad elaborarlo. Insomma, qualunque sia il tradimento (e aggiungerei un abbandono, un lutto….), la cosa fondamentale è non cadere nelle quattro modalità di cui parla Hillmann , che sono:


1. Vendetta
2. Negazione
3. Cinismo
 4. Tradimento di sé

La vendetta:

E’ la reazione più istintiva e immediata. Quando possibile. Se abbiamo il coraggio e la forza di rimandare all’altro, in qualche modo, la ferita che ci ha inferto, può pareggiare subito il conto. E liberarci. Altrimenti covare la vendetta diventa veleno che teniamo nel nostro corpo.


La negazione

E’ la negazione dell’altro. Gli togliamo, per lenire la nostra ferita, tutto il valore che gli avevamo dato (forse idealizzandolo in eccesso?)


Il cinismo

Significa negare tutto anche più della seconda modalità. Oltre a svalorizzare l’altro svalorizziamo l’esperienza che abbiamo vissuto anche nei momenti veramente belli: ‘l’amore è sempre una fregatura, ‘non esistono cause in cui vale la pena di impegnarsi’, ‘gli ideali ed i sogni sono per gli imbecilli’…..
 Si tagliano le emozioni, ci si rifiuta di aprirsi a nuove esperienze e la corazza diventa più spessa. La paura di nuove ferite ci fa rinchiudere ancora di più e ci protegge da nuove esperienze dolorose.


Il tradimento di sé

     Forse questa è la peggiore di tutte. Sintetizzando significa non avere nessuna intenzione o capacità di imparare dall’esperienza. Il processo alchemico è rovesciato.

     Anziché trasformare il veleno in apertura di cuore e ampliamento della coscienza – per integrare le nostre parti ancora in ombra – non facciamo altro che consentire all’esperienza vissuta di avvelenarci ancora di più.

     Mantenere il risentimento e non elaborare i lutti ci mantiene in un atteggiamento di rifiuto dell’esperienza colpevolizzando il mondo esterno e l’altro.

     In questi casi non sarebbe male chiedersi: quanto ci ho messo del mio? Infatti, molte volte credo, il tradimento (o l’abbandono o qualsiasi altra esperienza) non è che la conclusione di un processo in cui ci erano arrivati tanti segnali che abbiamo fatto finta di non vedere o sentire.

Quanto abbiamo consentito a che il tradimento fosse il corollario di tutta una serie di esperienze dolorose che abbiamo accettato? Chiedersi perché abbiamo accettato certe cose può aiutarci a capire e ad elaborare il lutto. 

     Per chi vuole approfondire leggendo il pensiero di Hillmann consiglio la lettura del saggio che può trovare qui: Puer aeternus

     In realtà l’autore aggiunge un’altra modalità che a volte possiamo agire:
 ‘la scelta paranoide’.

     La scegliamo per proteggerci da nuove ferite. Pretendiamo e promettiamo ‘fedeltà assoluta’. Questa scelta non ha niente a che fare con un rapporto basato sull’amore e sulla naturale fiducia.

     Hillmann afferma testualmente: “Sarà piuttosto una convenzione intesa a escludere il rischio. Come tale più che all’amore attiene alla sfera del potere. E’ un ritirarsi in un rapporto basato sul ‘logos’, imposto dalla parola, non tenuto insieme dall’amore”.

     In poche parole colui che ha bisogno di sottolineare con enfasi: ‘il nostro rapporto si basa sulla fiducia e sulla lealtà’ ci fa capire che è in pieno nel risentito e ancora non ha superato il ‘puer’. Sempre Hillmann: “Quando un partner (o un analista, un amico, un amante, un discepolo….) si sforza di soddisfare i requisiti di un rapporto paranoide, cancellando la possibilità del tradimento, è garantito che si sta allontanando dall’amore”.

     Concludo con queste parole dell’autore che considera il perdono come la via d’uscita principe per l’elaborazione dell’esperienza ed il superamento del ‘puer’:

     “Il perdono acquista senso soltanto quando non ci è possibile né dimenticare né perdonare”.

     Io qui non sono del tutto d’accordo. Chi ha letto ciò che ho scritto su `colpa e giudizio’ sa che per me il perdono non ha senso, perlomeno per come è generalmente concepito e considerato.

            La comprensione mentale che nasce dalla trasformazione alchemica che l’accettazione dell’esperienza dolorosa (elaborando il lutto) ha provocato in noi, arriva a farci capire che la colpa (ciò non significa che non esista la responsabilità per i nostri atti) non esiste e inoltre, se l’altro ci ha fatto del male, forse ci abbiamo messo del nostro.


Puer aeternus

 



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