L’andare da un mondo che conosciamo a uno di muta meraviglia è come l’ansia di un bimbo la cui visuale è una collina, oltre la collina è magia e ogni cosa sconosciuta, ma il segreto compenserà la scalata solitaria

(Emily Dickinson)

Amare se stessi

Il potere catartico del dolore insegna ad amare se stessi

Qui sta il punto: amare se stessi significa avere imparato ad amare tutto ciò che non ci piace di noi.

E ciò che non ci piace di noi stessi è proprio quello che non ci piace del mondo, delle persone e delle situazioni con cui ci relazioniamo.

L’incontro col dolore (il nostro) avviene quando abbiamo il coraggio di osservare qualcuno o qualcosa che ci ferisce riuscendo a non giudicarlo.

Questo è il vero coraggio.

Il perdono è sempre verso di noi, verso le nostre ferite.

Ma per guarirle bisogna avere il coraggio di entraci in profondo contatto.

Ed è così che entriamo nel nostro dolore e possiamo trasformarlo alchemicamente.

Ci accorgiamo che non esistono i ‘nemici’ se non nella nostra testa, nel nostro vissuto.

E i ’nemici’ che vediamo tutti i giorni nella nostra vita, quelli che ci fanno arrabbiare, che ci trattano male, che ci giudicano sono solo dentro di noi; quelli che vediamo fuori di noi sono solo le nostre proiezioni. Ecco perché amare se stessi significa amare tutto ciò che non sopporto dentro e fuori di me. Gesù diceva: “è facile amare coloro che vi vogliono bene.”

Infatti l’imparare ad amare, a guarire, a essere in pace con se stessi e col mondo passa attraverso il dolore che proviamo quando decidiamo di perdonare coloro che ci fanno del male.

Ma il dolore e il perdono sono proprio ciò che ci cura e ci libera; ciò che ci consente di amare tutto incondizionatamente.

Ed è fondamentale comprendere che il vero perdono, contrariamente a quanto si crede, è proprio l’avere trovato la forza di ribellarsi a chi ci tratta male, alle ingiustizie della vita.

Ma se non mi ribello, non riesco a perdonare e rimango sempre una vittima delle circostanze dato che non riesco a esercitare il vero potere: quello che ho su me stesso.

Ogni sfida, ogni dolore, ogni difficoltà serve a farci riconoscere il nostro potere, a costruire la coscienza di sé, di ciò che siamo veramente.

Quello che Jung chiama ‘il processo di individuazione’ è un processo che ci aiuta a costruire il nostro IO materiale che è la condizione indispensabile per raggiungere il nostro vero SÉ, il SÉ spirituale.

Pensare di amare se stessi e continuare a odiare il mondo e ad averne paura è una pura illusione.

Ciò che non sopportiamo del mondo è esattamente ciò che non sopportiamo dentro noi stessi.

Quindi, per svolgere il processo, bisogna avere il coraggio di guardare in faccia tutti gli specchi che ci tornano dagli altri.

Se non riusciamo a entrare nel nostro dolore lo trasformiamo in sofferenza infinita.

Ecco perché quando dico ad amici e clienti ‘stai male perché non riesci a guardare in faccia il tuo dolore’ sapete cosa mi rispondono coloro che ancora non hanno compreso: ‘stai scherzando? È una vita che soffro.’

‘Appunto’ rispondo ‘è proprio quello che sto cercando di spiegarti, la sofferenza è una tua scelta e nasce dal rifiuto di accettare e trasformare il tuo dolore.

Per poter fare questo è importante comprendere che il dolore che ci portiamo dentro non è colpa nostra. In qualche modo è un fardello che ci è stato regalato dai nostri antenati, forse dal nostro karma, e che ci portiamo dietro dalla nascita.

Non pensate che è giunto il momento di liberarsene!

La sofferenza nasce dalla paura di entrare in contatto con il proprio dolore

«Se non soffrissero, gli esseri umani non si deciderebbero a trasformarsi. Perciò, invece di ribellarsi alla sofferenza, dovrebbero comprenderne l'utilità, poiché la sofferenza è un fuoco che brucia le impurità. Il fuoco possiede una proprietà che occorre conoscere: non distrugge mai ciò che è della sua stessa natura. Nel momento in cui penetra nell’uomo, brucia solo le sue impurità; la materia che è pura non si consuma, resiste al fuoco e diventa luminosa perché vibra all’unisono con esso. È quella materia che forma il corpo di gloria, il corpo di luce di cui parlano le Scritture. Quando l’Iniziato riesce ad accendere il fuoco divino dentro di sé, quel fuoco infiamma la materia del suo essere e la fa brillare come un sole.» Omraam Mikhaël Aïvanhov


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