La vita degli altri

Essere se stessi o vivere la vita di un altro?

Non nel senso di compiacere gli altri per essere amati o nel senso di mettersi delle maschere perché così crediamo di piacere di più. Non è questo che intendo adesso. La vita di un altro è semplicemente vivere la vita, senza rendersene conto, di quella persona che ci siamo costruiti dentro di noi attraverso le abitudini familiari, le relazioni vissute da quando eravamo piccoli e che poi i rapporti sociali e lavorativi hanno consolidato.

Proprio così: vi siete mai chiesti se tutto ciò che fate, che pensate, che dite siete proprio voi che lo fate. O non state forse continuando a ripetere e a rimanere fedeli all’immagine che vi siete costruiti di voi stessi e che avete paura di tradire e prima ancora di vedere?

Recentemente una donna mi ha chiamato, un po’ sul disperato e, prima che lei parlasse le ho chiesto:
“Ci sei cascata un’altra volta?”;
lei ha abbozzato una timida risata ma si sentiva che non era molto in forma. Insomma ci siamo visti qualche giorno dopo e le ho chiesto:
“perché continui a farti trattare in questo modo? Chi, cosa hai paura di tradire dentro di te se ti decidi a cambiare? A chi, cosa stai restando fedele?”

Inizialmente lei non riusciva ad ascoltare, la testa un po’ per aria, avvolta da pensieri che le impedivano di ritrovare un minimo di presenza. Poi qualcosa dentro di lei si è mosso. “Ma allora io chi sono?” Mi chiede in presa ad una sorta di febbre, di qualcosa di nuovo che la stava agitando, ma in maniera diversa da prima, qualcosa che non aveva mai sentito. “Sarei dunque un’altra! Una di cui non mi ero mai accorta ma che è sempre stata dentro di me!
Ma che bello!
Ma certo!
Io sono io.
E basta!
E vada affanculo lui con tutta la sua prosopopea.”
Non so se questo è stato per quello che chiamano risveglio o un inizio di risveglio. Ma sicuramente il forte dolore che stava vivendo ha fatto scattare dentro di lei un clic molto forte.
Forse questa volta, diversamente dalle altre, ha cominciato a lasciare andare, a smettere di resistere, ha provato ad arrendersi. Ha lasciato che il dolore la avvolgesse, la sommergesse magari dicendo a se stessa: ‘tanto peggio di così’.
Ed è proprio così che accade: quando tocchiamo il fondo, dopo tante lezioni che non abbiamo mai voluto apprendere, decidiamo di abbandonare le armi. Ed allora, inconsapevolmente, ci affidiamo a qualcosa di più grande che ci prende per mano e ci aiuta con dolcezza a risalire.

La mia esperienza mi ha insegnato che esperienze del gene-re sono profondamente liberatorie. Ci sentiamo più leggeri la vocina interiore che non avevamo mai ascoltato comincia a diventare più nitida e chiara. E allora non abbiamo più bisogno di vivere la vita degli altri per essere amati. Cominciamo a vivere la nostra seconda vita. Perché questa è la nostra seconda nascita. Quella che ci fa capire che di vita ne abbiamo una sola e cominciamo ad amarla veramente!

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