Il vincitore è solo
Giuseppe Montaldo06-06-2018
Tempo di lettura: 6 minuti
L’arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità.

(Theodor Adorno)

Il vincitore è solo

    La mattinata volgeva al termine e la conferenza era appena finita. Guido e Valentina parlavano animatamente mentre si avvicinavano al buffet. Entrambi avevano deciso di parteciparvi perché il tema, oltre ad essere molto stimolante riguardava da vicino il loro lavoro. Il tema della conferenza era infatti “I sentimenti di unione, libertà e solitudine nella relazione di coppia” con sottotitolo “In amore non si vince e non si perde ma si vive”.
    Guido lavorava nel campo della formazione. Era il titolare di una società che si occupava di counseling, pnl e crescita personale. Gli piaceva il suo lavoro e lo svolgeva sempre con passione ma ciò che lo spingeva era un costante bisogno di riconoscimento, quello stesso bisogno che da giovane lo aveva fatto diventare un campione sportivo. Gli era sempre piaciuto vincere ma ora capiva che lo aveva fatto quasi a voler sempre dimostrare qualcosa.

    Stava cominciando a liberarsi di questo sentimento e riusciva a vivere una vita serena imparando a lasciare andare tante cose che prima lo condizionavano. Ed ora questo titolo “non si vince e non si perde ma si vive” lo aveva molto intrigato. Valentina era invece un’insegnante di psicologia all’Università. Era una persona molto libera e cercava di insegnare con questo spirito affrancando il suo lavoro da schemi troppo rigidi. Era una donna alta sempre elegante cappelli scuri ed occhi grandi e luminosi color verde smeraldo. Era brava a non prendersi troppo sul serio ed era sempre allegra e spiritosa. Molto spesso aiutava Guido ad elaborare i suoi progetti di formazione ed insegnava anche nella sua scuola.
    Si separarono dato che lei doveva andare a pranzo col suo fidanzato. Si sarebbero rivisti il pomeriggio per concludere un progetto.
    Iniziava l’imbrunire e Guido, come gli accadeva molto spesso, era immerso nelle sue riflessioni filosofiche quando il campanello lo riportò alla realtà ed andò ad aprire a Valentina.
    La casa di Guido era piena di luce. Nella sala grande due ampie finestre salutavano l’alba ogni mattina. La terza stava proprio di fronte al mare nel quartiere a sud della sua città.
    Nonostante si conoscessero da tempo ogni volta che lei gli si presentava davanti si sentiva attraversare da un’onda difficile da descrivere. Il cuore si allargava ed il suo volto si trasformava in un sorriso.
    “Ciao cara, come stai?”
    Lei lo guardò. Rimase un attimo silenziosa con i suoi occhi grandissimi e rotondi piantati in quelli di lui. Rimasero così a fissarsi per qualche istante. Lui sapeva già cosa era successo. Non era la prima volta e lei era un libro aperto, sempre, almeno per lui.
    “Quello stronzo. E’ riuscito a farmi incazzare anche oggi!”
    “Cosa è successo questa volta”, rispose Guido “Siete stati assieme così poco.”
    Lei cominciò con una lunga tiritera. Guido la interruppe. “Ne devi parlare proprio adesso? Dobbiamo finire quel lavoro e, lo sai, abbiamo poco tempo. Mettiamoci a lavorare. Se ci rimane tempo ne parliamo dopo.” 
    Lei rimase pensierosa ancora un po’ poi disse: “D’accordo ma prima offrimi qualcosa da bere. Qualsiasi cosa. Ne ho bisogno.”
    Guido portò due bicchieri e lei disse: “Adesso sediamoci un attimo qui sul divano. Solo un attimo. Vieni. Siediti vicino a me.” Si sedettero nel divano uno a fianco all’altro rimanendo in silenzio. Lei sembrava molto triste gli occhi persi nel vuoto. La camera era in penombra. Era ormai l’imbrunire. Dalla finestra vedevano il sole che scompariva all’orizzonte illuminando delle strisce di nuvole che reagivano emettendo delle striature di colore che andavano dal rosso al violetto accompagnando il tramonto.
    “Sono triste” disse Valentina e poggiò la testa sulla spalla di lui.
    Non se lo aspettava. Era una cosa che non succedeva quasi mai fra loro. Si abbracciavano sempre quando si salutavano ma raramente entravano in qualcosa che potesse creare fra loro una intimità. Rimase comunque fermo e tranquillo e l’accolse. 
    Lei cominciò a parlare con questa voce calma e pacata. Raccontava delle storie, così, come le venivano. E la sua voce era piana, leggera e molto dolce. E l’intimità cresceva. E la cosa non gli piaceva per niente. Lei era felicemente fidanzata. Il rapporto che aveva col suo compagno era un bel rapporto. E lui l’aveva aiutata spesso a risolvere i conflitti che ogni tanto aveva col suo partner. Per cui sentiva che non aveva alcun senso quello che stava succedendo. 
    Lei si mosse molto lentamente e poggiò le sue labbra su quelle di lui.
    “Cosa fai tesoro? Non mi sembra proprio il caso.”
    “Perché?” disse lei. 
    “La cosa è talmente ovvia che non meriti nemmeno risposta. Hai un fidanzato. Non sei libera”
    “Come sei drammatico” 
    “Per te è facile. Ma mettiti nei miei panni. Come pensi che potrei sentirmi quando poi tu ritorni a casa da lui?”
    “Si. Proprio drammatico!” ripeté facendogli un sorriso allo stesso tempo di scherno e di complicità mentre si alzava. Aveva acceso una candela. Poi era tornata a sedersi appoggiandosi a lui. Poggiò un’altra volta le sue labbra su quelle di lui ma questa volta le tenne molto più a lungo.
    Non si possono descrivere le sensazioni, le emozioni ed i sentimenti che attraversarono Guido.
    Non si può dire che gli dispiaceva ma il problema era un altro. Qualcosa dentro di lui faceva resistenza. Non consentì a se stesso di perdere il controllo. Cercò di alzarsi ma lei lo tenne per un braccio e lo fece ricadere su di lei.
    "Drammatico… drammatico… drammatico… umhhhh” Sospirò mentre lo stringeva forte.
    “Piantala” le disse. Si alzò di nuovo liberandosi. Chiuse le persiane, spense la candela ed accese tutte le luci della stanza.
    “E’ ora che tu vada.” Le disse. 
    “D’accordo.” Rispose lei sommessamente
    Si abbracciarono e stettero così per un tempo indefinitito. Poi lei si staccò e mentre usciva si fermò e lo guardò con aria un po’ triste. 
    “Scusami” gli disse 
    “Va, sta tranquilla e cerca di fare pace col tuo compagno.” 
    Come uscì l’aria fresca della sera le diede una scossa. Si sentiva come un automa, completamente vuota. Decise di tornarsene a casa a piedi. Aveva bisogno di riflettere. E cominciò a colpevolizzarsi. Ho scaricato su di lui tutta la mia tristezza. Non se lo meritava. Avrei dovuto controllarmi. Dovevo elaborarmelo da sola. Rimase un po’ su questo pensiero ma poi lo ribaltò completamente.
    Ripensando a quel contatto, alle sue labbra sulle sue sentì il cuore riempirsi di una piacevole sensazione. Di più. Di un sentimento forte. “Chissà. Magari un giorno può capitare. E che male c’è?”
    Disse dentro di sé sentendo ancora il desiderio di lui. “Fanculo!” 
    In compagnia di queste riflessioni si addentrava nelle viuzze più buie e strette dell’antico quartiere della città in cui viveva facendosi coccolare dalla solitudine.
    Guido si sedette su una sedia un po’ imbambolato. “Non si vince e non si perde ma si vive”. La frase riecheggiò nella sua mente. Sentiva un grande vuoto ma non era una cattiva sensazione. Stava bene. Mangiucchiò qualcosa poi, nonostante fosse molto presto decise di andare a dormire. Prese un libro, uno dei tanti che aveva per le mani in quel momento, e si mise a leggere. Ma, dopo un po’ si accorse che era sempre alla prima pagina. Ci rinunciò e spense la luce. Gli ritornò in mente la frase di prima e pensò che non esiste vittoria o sconfitta, non esiste altro che la vita e, se decidiamo di viverla pienamente siamo sempre vincitori qualsiasi cosa succeda. Beh, comunque qualunque sia la conclusione pensò che una cosa era certa:

‘il vincitore è solo’.


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